(Rassegna delle mie migliori opere a tema Shibari)
“Dal 2004 lo Shibari diventa l’elemento principale della sua ricerca iconografica, una serie tutt’ora
portata avanti e in continua evoluzione…
Opere a tiratura limitata
(Rassegna delle mie migliori opere a tema Shibari)
“Dal 2004 lo Shibari diventa l’elemento principale della sua ricerca iconografica, una serie tutt’ora
portata avanti e in continua evoluzione.
La passione giovanile per l’architettura lo spinge a inseguire e superare sempre nuovi limiti; sui
corpi levigati di modelle professioniste o meno, crea decorazioni, fregi di corde e scolpisce strutture
sempre diverse.
L’amore per l’arte classica, per la fotografia “degli inizi” lo porta a lavorare molto in studio, a
inserire questi elementi dal forte richiamo erotico in scenari artificiosi studiati sino all’ultimo
dettaglio, dove niente è lasciato al caso.
Ad un primo sguardo, questa serie di scatti richiama alla mente l’indiscusso maestro dell’erotismo
Araki ma ad un’osservazione leggermente più attenta ci si rende conto del fatto che i due artisti in
comune hanno ben poco oltre alle corde: gli scatti di Hikari Kesho infatti, da un punto di vista puramente formale, sono più vicini alle visioni di Helmut Newton, sebbene spogliato da molti degli elementi fetish che contraddistinguono l’artista tedesco, piuttosto che a quelle del grande maestro giapponese.
Le modelle di Araki, tutte ragazze qualunque, hanno espressioni sofferenti, la fotografia, benché
studiata, ha un qualcosa di fintamente amatoriale, un immaginario dall’erotismo prepotente,
scopofiliaco e sono ormai leggendari gli elementi di disturbo che egli inserisce nei suoi scatti:
giocattoli erotici, rettili di plastica, richiami ad una cultura del manga e della televisione che
distolgono l’attenzione dal soggetto legato e costringono l’osservatore a chiedersi il motivo della
loro presenza, a ipotizzare.
Nella fotografia di Hikari Kesho la ricerca è volta alla perfezione estetica, l’attenzione è tutta focalizzata sul soggetto e sulla forma: la contemplazione di queste immagini non crea quesiti e non suggerisce
altro che meraviglia; per la perfezione dei nodi, delle ragazze che fotografa e la plasticità delle pose
di corpi che si librano a mezz’aria, come sospesi: privati della materia e della fatica questi corpi
assumono una bidimensionalità assoluta, guardare queste immagini è un piacere visivo e suscita le
stesse sensazioni che si possono provare assistendo ad un balletto, in cui la fluidità del movimento e
l’eleganza distolgono l’attenzione dal duro allenamento.
Guardando queste immagini non si riesce a pensare al duro lavoro dell’artista, doppiamente
coinvolto prima in veste di Nawashi, che immagina, prova e infine resuscita fisicamente le proprie
fantasie, e poi di fotografo di consumato mestiere, alla maestria con cui riesce ad ottenere un
immagine ineccepibile dal punto di vista formale e tecnico e studiando con attenzione i volti delle
ragazze immortalate non si trova traccia di stanchezza, del fastidio che si prova a contatto con la
corda ruvida che crea attrito sulla pelle nuda.
Sono icone di un eleganza glaciale, immagini votate alla perfezione.
La fredda bellezza di molte delle ragazze fotografate da Hikari Kesho ricorda gli scatti di Newton alle grandi icone della moda dei primissimi anni ’80: figure toniche, longilinee, una ricerca ossessiva della
perfezione nella costruzione dell’immagine, l’amore ossessivo per il dettaglio e i volti neutri, da
copertina, che ben poco hanno da dire oltre la pura bellezza obiettiva del soggetto.
La naturale evoluzione di questa serie porta l’artista a dedicarsi sempre più, dalle fotografie scattate in
studio, a quelle scattate in spettacolari location, collocando le sue opere d’arte in altrettanti scenari artistici, architettonici o naturali che siano, rappresentando anche, data la particolarità di alcuni di essi, una grande sfida!
Il bianco e nero sapientemente utilizzato in tutto l’arco della sua carriera lascia sempre più
spesso il campo al colore, che ancor più lo riavvicina al mondo della moda ma al contempo lo
riscatta da questo ingombrante retaggio: le immagini più recenti richiamano alla memoria una
maniera quasi pittorica, i giochi raffinati di luci e ombre amplificano la sensazione plastica delle
corde e nonostante la costante presenza di drappeggi possa sì dare un senso di ridondanza al lavoro,
accentua anche il chiaro omaggio all’arte post rinascimentale di Caravaggio e della Gentileschi
contrapponendo alla freddezza digitale contemporanea questi scenari di morbida voluttà.”
Virginia Micagni